i rischi del parto tecnologico

 IL LABORATORIO DEI GATTI

di Gabriella Fois

OSTETRICA

La gravidanza e il parto sono eventi naturali sia per gli animali che per gli esseri umani. Sappiamo che gli animali per prepararsi al parto cominciano qualche giorno prima a scegliere quale sarà il luogo più adatto, il cosiddetto nido. La ricerca è lunga perché il luogo deve assicurare all’animale la massima privacy. Quando il luogo è stato scelto, l’animale lo prepara, con erba secca per esempio, così da avere un giaciglio morbido per accogliere i suoi piccoli. Il travaglio potrà iniziare solo quando il sole è al tramonto o è già buio, cosicché madre e piccoli possano essere protetti da eventuali predatori.

È interessante il racconto che l’ostetrica Tricia Anderson fa sulla rivista delle ostetriche inglesi «Midirs» del marzo 2002 nel suo articolo Out of the laboratory: back to the darkened room. Tricia usa una metafora, immaginandosi che, tantissimi anni fa, un gruppo di scienziati abbia deciso di studiare in che modo partoriscano i gatti. Per fare questo prepararono un luminosissimo, rumoroso laboratorio, misero le gatte su dei letti, le collegarono con delle sonde a dei monitor e misero dei tecnici a controllare l’arrivo delle contrazioni che segnavano sulle loro cartelline. Nel laboratorio il travaglio delle gatte divenne irregolare, si fermava di frequente e le sonde rilevavano il battito cardiaco dei gattini in distress. I miagolii e i pianti erano terribili. Poi nascevano molti gattini in distress respiratorio che avevano necessità di essere subito rianimati.

Dopo alcuni anni gli scienziati conclusero: «Bene, sembra che il travaglio dei gatti non sia molto buono».

Gli scienziati si preoccupavano e quindi cercarono di aiutare le «povere» gatte, inventando una grande quantità di ingegnose macchine per migliorare il loro travaglio e dei monitor per controllare il livello dell’ossigeno dei gattini. Inventarono medicine tranquillanti anti dolore per evitare lo stress delle «povere» gatte e medicine per regolarizzare il travaglio e non permettere che si fermasse. Inoltre svilupparono manovre e interventi di emergenza per salvare i gattini che andavano in distress.

Gli scienziati scrivevano nelle più famose riviste scientifiche tutte le difficoltà che avevano osservato nei travagli e nei parti delle gatte e esponevano tutti gli aiuti tecnologici che avevano inventato. La notizia di quanti gattini erano stati salvati veniva diffusa dalla televisione e dai giornali, cosicché tutti cominciarono a portare le loro gatte a partorire nel laboratorio per salvare la vita dei gattini.

In giro si cominciava a sentire: «Per fortuna è stata inventata tutta questa tecnologia che può salvare tutti i gatti dal loro parto».

Gli anni passavano e il lavoro nel laboratorio aumentava, c’era tanto bisogno di nuovo personale, anche perché gli scienziati che avevano iniziato l’esperimento erano ormai così anziani che andarono in pensione.

I nuovi tecnici non ricordavano più quale era l’obiettivo dell’esperimento originale e soprattutto non sapevano che era solo un esperimento.

Essi non avevano mai visto le gatte partorire in scatole morbidamente foderate, poste in angoli lontani e bui; per questo pensavano che questa fosse una pericolosa idea. Essi erano convinti che le gatte non potevano partorire bene senza l’assistenza tecnologica, perché negli anni avevano raccolto moltissime evidenze scientifiche in merito e tornando a casa avevano la bella sensazione di aver svolto un buon lavoro salvando la vita di gatte e gattini.

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[G. Fois (2002), Il laboratorio dei gatti, «D&D», n. 38, p. 49]